giovedì, ottobre 04, 2007

Mercoledì Pensosi


Benvenuti nei miei Mercoledi' Estoni. (visto che comunque quando qui è già Autunno, e voi siete ancora nel tepore estivo italiano, non vedo perche' un Giovedi' o un Lunedi' non possano essere un Mercoledi').

E’ incredibile come qualcosa che noi diamo per scontato, così per scontato da non essere preso in considerazione e così per scontato che quando ne leggiamo sui libri di storia o ne sentiamo parlare dai nostri nonni sia astratto al punto tale da apparirci come una favola. Tipo quella di Hansel e Gretel. E’ incredibile. Vi rendete conto?! Vuol dire che è qualcosa che ascoltiamo con la stessa attenzione di un racconto che ci fa addormentare. No, non vi rendete conto. Non sapete di cosa vi sto parlando.

Concedetemi però di lasciarvi ancora per qualche istante così senza capire niente. Ce la fate?

Pensiamo allora di essere ancora dei bambini, OK?

Pensiamo che dobbiamo crescere.

Ora nelle vostre teste avrete delle immagini forse, o dei ricordi. Voi che correte sopra a un prato sbucciati, sguaiati e contenti, voi che costruite una furgonetta dei pompieri fatta di mattoncini colorati, voi che pettinate i capelli della vostra bambolina bionda dicendole quanto sia la bambina più bella bella del mondo.
Voi che fate il bagnetto e vi guardate curiosi in mezzo alle gambe… "Cos’è? Mah! Aspetta che spruzzo l’acqua in faccia al mio fratellino dall’altra parte della vasca”.

“Io voglio fare l’Astronauta”, “Voglio fare la Parrucchiera”, “Voglio fare il Frate perché suona le campane”, “Voglio fare il Sindaco per tagliare i nastri delle inaugurazioni”.

Ora siamo già a scuola, vi piace la Matematica, le lingue sono il vostro forte, Italiano proprio no. “Dio, perché hanno inventato l’insegnante di Italiano? Per fortuna che c’è Ginnastica vah!”.

Adesso un po’ più cresciuti scegliamo il nostro futuro, ci sentiamo grandi, come quando eravamo nei Medi e non più nei Piccoli alla Scuola Materna. Abbiamo materie tipo Chimica, Tecniche di Autoimprenditorialità, Greco, siamo orgogliosi in “Quarta Ginnasio”. Diamo il primo bacio, scegliamo la maglietta da metterci il giorno dopo o il Top da paura che vado martedì a comprarlo con la Zia e mercoledì lo faccio vedere a tutta la classe. Possiamo votare i Rappresentanti di Classe. Allora si che siamo veramente grandi! quasi quanto Papà che vota il Governo. Eh, il Governo, altra cosa che ci sembra ancora come una favola fatta di tanti signori bravi che sanno sempre cosa è meglio fare.

Sentiamo per la prima volta il cuore che batte forte e non più per la mamma, facciamo a botte e ci mettono le note sul registro. Poi dopo le sentiamo noi a quel punto, a casa. O forse la nota l’ha presa il compagno grosso, io le ho prese da lui.

Ancora un po' più in qua e già finiscono le Superiori con l’era delle manifestazioni e degli scioperi che cambiano il mondo; e forse già i nostri ideali, quelli che scrivevamo sul diario con gran convinzione, non ci sembrano più così assoluti, o forse adesso, forse, un po’, cominciamo a capirli, forse.

E scegliamo la facoltà, o il lavoro, o l’Accademia, rincorriamo qualcosa, naturalmente. Ed è tutto normale. E quanto scontato?

Si. sto parlando di Libertà.

Senza punti esclamativi ma bianca e ideale come ancora la vedo. Una delle più grandi consapevolezze che questi mesi mi hanno dato e che coi miei “Mercoledì” ho potuto fermare su carta per me e per voi.
Un episodio di qualche giorno fa me lo ha fatto capire fino in fondo.
Per voi quanto dirò resterà forse solo un qualcosa di scritto e non di vissuto. Perderà la sua forza originaria ma voglio provarci lo stesso a coinvolgervi, anche se non sono un maestro come quelli grandi che si leggono nei libri; come Hermann Hesse, Oscar Wilde o quel Terzani che continuano a farmi appuntare frasi qua e là dove capita per non dimenticarne la lezione.

Ho sentito parlare troppe volte del valore della Libertà ma forse mai ne ho vissuto così vicina la sua importanza come l’altro giorno al bar in cui Kalev mi raccontava, si raccontava.

No, dimentico, in Bielorussia ho respirato un'aria ben ingabbiata che premeva assai forte sul mio stomaco, ma poco cambia: di tempo ne era passato molto e le esperienze a volte sono così fragili nella memoria che bisogna riviverle per sentirle ancora vere.

Quindi Kalev mi diceva..

“Fino a poco tempo fa (N.d.A. : quando c’era il Comunismo) tutti avevano un lavoro. Non importa quale, ma lo avevano. Ora, è più difficile, ma possiamo finalmente sognare, possiamo credere e lottare per diventare quello che vogliamo”.

Ecco, ora, quanto detto vi potrà forse sembrare banale e noioso. Mi direte che ho rigirato per mezz’ora parole miscelandoci nel mezzo qua e là anche i vostri ricordi per portarvi alla catarsi dello scritto che si impernia su una banale frase ascoltata troppe volte nei film di Hollywood.

Potrà apparirvi così. Ma se ancora un attimo lasciaste andare la vostra mente e faceste finta di essere per davvero in quel bar di Tallinn, Reval Cafè, con le sue luci calde, la moquette, i divanetti in velluto chiaro, il tavolino su cui state appoggiando i gomiti, tondo e nero, alla destra di una parete di vetro un po’ appannata che da sulla strada, umida e illuminata dalle luci al neon dei lampioni.
Siete davanti a una cioccolata calda, fumante, e ad un caro amico. Lui non è fatto di pixel dentro a uno schermo ma è proprio lì davanti a voi che non siete spettatori che solo guardano e ascoltano. Avete suonato assieme in leggio, fatto grandi risate, parlato di crucci e virtù ed ora vi ritrovate a distanza di mesi a parlare ancora di voi tra un racconto estivo, un pensiero sul futuro, i suoi desideri, le comuni incertezze…

Lui vi dice:

“Fino a poco tempo fa tutti avevano un lavoro. Non importa quale, ma lo avevano. Ora, è più difficile, ma possiamo finalmente sognare, possiamo credere e lottare per diventare veramente quello che vogliamo”.

Ha un altro sapore vero?


Torno in Italia a malincuore ma ci ritorno con nuove forze, con nuovi pensieri e con qualche capacità in più, embrionale sicuramente ma anch’essa fortunata e libera di svilupparsi come noi: inconsci bambini viziati che sempre hanno avuto, senza chiedere.

Bello ogni tanto fermarsi e riconoscere quello che siamo. Senza dare per scontato... mentre in un mondo parallelo...

“Cosa vuoi fare da grande bambino mio?”

“Voglio fare il metalmeccanico”, “Voglio fare l’operaio generico”, “Voglio pulire la spazzatura puzzolente dalle strade”.

“Non voglio fare, non voglio sognare, non mi serve sognare. Io Credo nello Stato.”

“Lo Stato mi ama e mi darà un lavoro quando sarò grande, qualsiasi, non importa quale. Scusa che domande fai Mamma?”

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